Lo scenario esterno è quello della complessa, irregolare orografia dell'Appennino umbro-marchigiano ove si trova un'area speleologica tra le più interessanti d'Europa, con un poderoso sviluppo del fenomeno carsico e la presenza di una natura austera e incontaminata che mantiene intatti i segni di un passato millenario.
Siamo a Frasassi di Genga, nell'entroterra anconetano, tra le due montagne tagliate a picco su una gola selvaggia dentro la quale scorre a fatica il Sentino. La gola nasconde il tesoro delle grotte, scoperta da alcuni speleologi del gruppo CAI di Fabriano nel settembre 1971. Ecco la genesi delle grotte: la roccia dei monti che sovrastano la gola è stata progressivamente corrosa dalle acque divenendo così notevolmente permeabile. Tale azione corrosiva ha operato anche in profondità creando ampie fratture e complessi ipogei.
Ma il lavoro dell'acqua non finiva qui. Dal soffitto delle grotte ha avuto inizio un lento e costante stillicidio di acqua calcarea che è tuttora vivo e permette l'accrescimento e la vita delle concrezioni. Il calcare che rimane in alto e che precipita a terra attraverso l'acqua, accumulandosi per millenni, ha portato alla formazione delle splendide stalattiti, stalagmiti e colate di cristalli, mescolate in un armonico susseguirsi di forme tra laghi, laghetti e scrigni. La grotta più grande dell'intero complesso è quella del vento, lunga complessivamente 13 KM.